Serena D’Arbela/ Patria Indipendente

Morire di lavoro. Il titolo sembra un controsenso.Il lavoro è vita. Nel nostro Paese ,invece ,troppo spesso è morte. Inizia con l’Inno di Mameli il docufilm di Daniele Segre uscito anche in dvd , che auspichiamo di vedere presto in tv e nelle sale. La colonna sonora d’apertura e chiusura ha un intrinseco valore sferzante. l’Italia deve destarsi. La nostra Repubblica ,come proclama la Costituzione, è fondata sul lavoro e non sulla morte dei lavoratori. Il film è come un coro moderno, che offre emozionanti ritratti di persona, e testimonianze di rilevanza sociale .E’ come una Antologia di Spoon River di vivi e di morti .Di fronte a noi spettatori sfilano in primo piano vedove,sorelle, lavoratori infortunati o scampati per spiegarci questa condizione umana degli edili,dei camionisti, dei gruisti, dei carpentieri, degli operai dei cantieri stradali,dei manovali .Sono italiani e stranieri. Illustrano con parole semplici e precise cos’è la fatica quotidiana rischiosa e mal remunerata , 30, 50 euro al giorno ,per un orario massacrante , che uno è costretto ad accettare per campare la famiglia. Denunciano il cancro dei subappalti a catena che lucrano sulla pelle dei lavoratori. Denunciano le morti bianche e gli infortuni a ripetizione.L’importante è che i palazzi salgano, che i cantieri concludano l’opera al ribasso ,non importa come. Gli imprenditori si moltiplicano,si frammentano .E la parola d’ordine è “in fretta in fretta”. Che le ruote dei mezzi pesanti girino. Quanto alla paga c’è tempo, la puntualità non esiste. Domani. Ma tutto deve essere pronto ieri. Se avviene un incidente prima di tutto bisogna sbarazzarsi del ferito o del morto. Visto che non è in regola chi lo conosce? Per questo si evita di chiamare le ambulanze. Per questo gli stessi infortunati sono obbligati a fingere incidenti casalinghi o d’auto, o di moto. Quelli lavorativi costano troppo alla ditta. In certi casi si deve firmare un foglio in cui si attesta di aver ricevuto tutta l’attrezzatura di sicurezza caschi,guanti,cinture anche quando non si è avuto un bel niente. E’ terribile che i compagni siano costretti a tacere per non perdere l’occupazione. Dicono di non conoscere l’uomo a terra. Magari un amico. Daniele Segre dà la parola anche ai morti che spiegano fuori campo, in fotogrammi dallo sfondo evanescente col Vesuvio o con il Duomo di Milano, il loro volo dall’impalcatura. Almeno ora avranno diritto di parlare. “Mio padre a trent’anni ha smesso di lavorare la terra, è andato in fabbrica a fare i tondini.Io invece a trent’anni sono morto infilzato dai tondini. Il gruista non mi ha visto e me li ha mollati giù .Ma la colpa non è sua è della fretta.”
I cantieri non sono quasi mai in regola. In cambio si è informati sull’arrivo degli ispettori. Comunque ,quando arrivano controlli improvvisi ,gli operai devono fuggire, sparire tra i ponteggi.
Ascoltiamo questi uomini che si esprimono in dialetto, in italiano,o nella lingua approssimativa
degli extracomunitari .Il regista li incontra in Campania,Lazio,Piemonte,Lombardia , avvalendosi della collaborazione del sindacato degli edili della CGIL. Da tutti apprendiamo qualcosa. I loro discorsi concentrati vanno dritti al cuore. E’ merito del film anche mostrare il senso del lavoro come realizzazione dell’uomo, troppo spesso dimenticato. Sottolineare la fierezza di chi porta a buon fine un’opera con le proprie mani ,la coscienza di aver costruito per il bene comune. ( Mio marito Stefano ha fatto cose belle- dice con orgoglio una moglie- Palazzi. Un muraglione. Quando passo per la strada che va da Lanzo a Caselle vedo il sottopasso fatto da lui e dalla sua squadra tutto in cemento armato) . Qualcuno mette in risalto la propria forza fisica .Può eseguire qualsiasi lavoro , quello che serve,che capita, anche rischioso, non importa. Deve farlo per sopravvivere ,ma è anche fiero di saperlo fare. “IL mio mestiere è il muratore ma faccio tutto, il ferraiuolo,il carpentiere “. Ci viene da riflettere sulla gratitudine dei fruitori. La gente in genere non ci pensa, non risale mai agli oscuri sacrifici da cui è nato l’edificio in cui risiede o la struttura di cui beneficia. Le cadute mortali dalle impalcature sempre più frequenti non hanno la risonanza degli incidenti sportivi. Sembra che le morti bianche per il nostro benessere civile facciano parte della normalità . Ricordiamo alcune voci del film :” Dall’ alto del ponteggio guardo la gente di sotto. Non si chiederà come stiamo ? L’aria è fredda in alto. Devi farti coraggi.” .“ Ho visto volare giù il mio migliore amico, aveva 53 anni. Lascia tre figli”. Queste morti potrebbero essere evitate. Ma la logica o meglio la non-etica del cemento è un business mostruoso a tutti i livelli. Costruire ad ogni costo perdendo di vista sicurezza e prezzi umani. Gli assistenti berciano “Dai,calce,sbrigati,dai dai.”.
Alta Velocità. Anche qui spesso vittime. L’operaio addetto all’escavo delle gallerie ci colpisce con le sue considerazioni amare. ( “Non sei mai ripagato dal rischio. Il capo non si preoccupa delle tue condizioni, tu non conti niente. Ecco cosa conta: di quanto si è avanzati ) .Nessuno pensa alla fatica del lavoratore , al pericolo nell’alzare le centine, alla terra e ghiaia che gli riempiono gli indumenti , alle pietre che cadono anche grosse e possono ferire. Qui non esiste più l’uomo, solo la merce-lavoro.
Se l’edile tralascia di indossare la cinta o il casco , all’origine c’ è sempre il risparmio di tempo. Ci si sente legati come mummie mentre l ‘ impresa esige di fare presto. Calzare i guanti col freddo impedisce di sentire il ferro da maneggiare,col caldo le mani bruciano :40 gradi divengono 50. Così non si rispettano le regole.
Le testimonianze vive degli incidenti ci colpiscono ,feriscono le coscienze. ”Sono caduto da 5 6 metri nel vuoto. Per fortuna sono finito in un piccolo spazio di terreno morbido. Mi sono spaccato il braccio,una spalla,un polso, ho avuto un trauma cranico ma se cadevo più in là ero finito.Ai lati c’erano ferri, rottami aguzzi.” A volte tutto è inutile..“Non dormo la notte,non dimenticherò mai quella sera. Il mio amico era sepolto vicino a me e non potevo far niente. Lo chiamavo ma Pasquale non rispondeva”. E ancora: “Mio fratello Fausto era vicino alla pala meccanica. ll braccio l’ha preso in piena faccia. Hanno inventato che aveva sbattuto con la moto“. “Giuravano di non conoscerlo”dice la sorella.
“Dopo un infortunio i forti resistono ma i deboli vanno fuori di testa ”.“ Ora non posso sentire più i rumori .Neppure la musica”. “Prima potevo fare di tutto,carrucole,ancoraggi,ora non riesco quasi a prendere il figlio in braccio”. “ Il peggio è l’angoscia, il pensiero che non servo più a niente”. “ Mi sono trovato senza una gamba. Non è come prima. Ho perso la mia identità di lavoro. Non mi ci vedo in ufficio ”. “La gamba mi è scoppiata forse dovrò mettere una protesi all’anca. Ma voglio tornare a fare l’escavatorista come prima voglio anche avere la qualifica e lo stipendio che mi spettavano.”.
Le figure femminili sono drammatiche. In un attimo hanno perduto il figlio o il compagno. cioè tutto. ”Aspettavo una telefonata di gioia e invece era di morte”dice una madre. “ Mi telefonava dovunque andava mio figlio. Era allegro, Mi annunciava il suo passaggio col camion con un suono di claxon ”.
E un’altra “Il datore di lavoro ha preso il telefono e ha detto “Viene da solo”, ma io appena ho visto mio marito ho capito .Si è sdraiato sul sofà e si preoccupava solo di non sporcare col sangue.”Un’altra ancora “Mio marito e un compagno imbracavano travi sul tetto con la gru,sotto c’era mio figlio. Un trave è scivolato giù…..15 giorni dopo, a Varese, mio marito è caduto dal ponteggio che si è ribaltato. Non era a norma ”. Gli uomini devono accettare le condizioni del cantiere per sopravvivere. Alcuni sono alla prima esperienza, altri anziani, altri extracomunitari “Ero in un cestello a 20 m d’altezza,ho dovuto legarmi con la corda,il tetto aveva una pendenza notevole. Davanti c’erano le montagne.Che bella vista! Ma di fianco e dietro, il vuoto. Le gambe mi tremavano. Non l’avevo mai fatto”. “Ti offrono lavoro nero,devi accettare per la famiglia,per l’affitto,il contratto non è su carta è a voce”.
Sud e Nord sono accomunati dalla mancanza di legalità e di rispetto per il lavoratore. Molti operai sono costretti a darsi malati per consiglio ricattatorio della ditta o anche per ricevere subito dei soldi. L’ INAIL per pagare ci mette mesi e mesi.
Segre ha esordito come fotografo della realtà e ha scandagliato a fondo l’umanità del lavoro. Nel suo stile il volto ha una grande importanza ,come testimoniano molti altri suoi film e documentari .In questa serie di fotogrammi – sequenza , il faccia a faccia ci trasmette l’unicità della persona , comunica intensamente con noi come in un colloquio privato ,non solo con la parola. I personaggi sono come quelli che il grande regista russo Serghei Eisenstein prendeva dalla realtà. Non recitano, vivono la loro storia e trasmettono la loro vibrante denuncia sociale. Da questa mappa del lavoro nero emerge chiaramente la responsabilità delle imprese che non rispettano la legalità. E’ il dvd chiede risposta, perché cessi una carneficina indegna di un Paese civile. In primo luogo perché non si vieta per legge il subappalto?

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